Autonomia, quel cambio di sguardo che serve all’Europa
di Michele Nardelli e Federico Zappini
La questione catalana sembra essersi incagliata nella storia del Novecento. Se non sapremo proporre un approccio diverso, indicare nuovi scenari, immaginare paradigmi inediti, sarà ben difficile disincagliarla. E se l’orizzonte di ciascuna delle parti (ma anche dell’Europa e a ben vedere di ognuno di noi) rimane ancorato ai concetti di sovranità da un lato e di autodeterminazione dall’altro, sarà difficile venirne a capo. Può infatti sembrare paradossale, ma nella contrapposizione sulla Catalunya i principali protagonisti la pensano sostanzialmente allo stesso modo.
Da Pieve di Soligo a Trento, nuova tappa del viaggio
Care e cari,
dopo l’incontro di Pieve di Soligo – “Autonomie cooperanti. L’utopia di un’Europa che si fonda sull’autogoverno territoriale” – a conclusione del V itinerario del “Viaggio nella solitudine della politica”, ci siamo interrogati su come dare continuità a quella conversazione, continuità peraltro sollecitata da molte delle persone che vi hanno partecipato.
Abbiamo così immaginato di proporvi due o tre cose.
Attraversamenti. Da Venezia a Rijeka
di Micaela Bertoldi
Pensieri e domande sul nostro tempo
Note dal quarto “Viaggio nella solitudine della politica”
13 – 16 settembre 2017
Prologo
Delle premesse non dico. C’è fin troppo nel sito Zero-Sifr, e negli scritti di Michele Nardelli e di Federico Zappini, un luogo che propone uno scarto di pensiero tra curiosità e meraviglia. Luogo che si presume collocato e collocabile in una dimensione del tempo situata tra il “non più” e il “non ancora”.
Nel gorgo, per non abbaiare
Racconto di viaggio lungo la valle del Po, fra ingombranti eredità e la ricerca di nuovi paradigmi
di Michele Nardelli
In ognuno degli itinerari fin qui realizzati del “Viaggio nella solitudine della politica” sentivo di essere sul pezzo, ma mai come in quest’ultimo percorso nel cuore della “Padania” la sensazione di “essere presenti al proprio tempo” è stata così viva.
Cortemaggiore – Incendio Pozzo nº 21 (1950)
Il Natale del 1950 fu illuminato, nella zona di Cortemaggiore, non dalla leggendaria stella cometa, ma da una fiamma, una specie di enorme torcia, alta una cinquantina di metri, che scaturiva dal suolo e che era visibile a decine di chilometri di distanza. Alle ore 3 del 1° dicembre 1950 si era infatti incendiato il pozzo n. 21 di Bersano di Besenzone, nel giacimento metanifero di Cortemaggiore. Gli operai addetti al pozzo avevano sentito alcuni violenti sussulti ed avevano fatto appena in tempo a mettersi in salvo prima che si verificasse una terribile esplosione ed iniziasse la fuoruscita del gas. Pochi minuti dopo avveniva un altro scoppio, di minore intensità, e la colonna di gas s’incendiava. Probabilmente un pezzo dell’asta metallica, scagliata contro il traliccio della torre di perforazione, aveva provocato una scintilla e quindi l’incendio. Per il calore – qualcuno parlava addirittura di 1300 gradi – l’incastellatura d’acciaio del pozzo veniva letteralmente fusa. Già a 150 metri di distanza la temperatura era insopportabile. L’esplosione aveva mandato in frantumi i vetri delle case della zona ed anche quelli di alcune finestre più lontane, persino nella zona di San Giorgio. Quella enorme colonna di fuoco che s’innalzava verso il cielo forniva un colpo d’occhio memorabile.