Segni del tempo
La tappa in preparazione

Continuare a cercare per continuare a capire assieme

Una lettera di Aldo Bonomi intorno al libro di Marco Revelli “Non ti riconosco” (Einaudi, 2016)

Caro Marco,

ti scrivo, come spesso accaduto anche in passato in analoghe circostanze, per ragionare insieme della discontinuità che attraversa il sociale, l’economia e la politica. Nelle passate occasioni mi era più chiaro comprendere le linee di discontinuità che andavano delineandosi.

Fra il “non più” e il “non ancora”

 

Quello che viviamo è un tempo lacerato fra il “non più” e il “non ancora”.

Una storia si è chiusa, ma incombe come passato che non passa, nei suoi passaggi non elaborati come nelle sue categorie di pensiero che fatichiamo a scrollarci d dosso. Ed un tempo nuovo, nel senso di inedito, stenta a prendere corpo in una transizione tanto lunga quanto opaca, segnata dai tratti più inquietanti dell’ideologia uscita vincente (almeno apparentemente) dalla sfida novecentesca.

In questo interregno che Hannah Arendt descrisse mirabilmente come «un tempo completamente determinato dalle cose che non sono più e da quelle che non sono ancora»1 abbiamo cercato nuove strade. Non solo nuovi contenitori a fronte dell’eclissi dei corpi intermedi, ma di nuove sintesi politico-culturali in grado di far tesoro del passato, descrivere il presente e immaginare il futuro.

Ma se la rottamazione dei vecchi partiti è stata facilitata dalla loro crisi non altrettanto si può dire sulla capacità di quel cambio di paradigma che la fine del Novecento richiederebbe, come ad attualizzare l’espressione cara a René Char quando scriveva che «la nostra eredità non è preceduta da alcun testamento».

Illudendosi dapprima che il problema fosse l’incoerenza fra il pensiero e l’azione (l’insopportabile categoria del tradimento), successivamente avvinghiandosi ad uno stile di vita insostenibile senza comprendere che quel che si afferma come non negoziabile altro non è che una condizione di privilegio cui corrisponde l’esclusione di una parte dell’umanità.

Quest’assenza di testamento richiede la radicalità di un nuovo inizio. Non si parte mai da zero, ma ci sono dei passaggi di tempo in cui lo scarto di pensiero deve essere profondo, come avvenne con l’introduzione dello sifr – lo zero arabo – nella matematica. Uno sguardo nuovo, come esito di un percorso collettivo nel quale l’osservazione sul presente avvenga con lo strabismo (e dunque con la profondità) che si addice ad un tempo globale e interdipendente, e di una ricerca culturale e politica disposta al sincretismo e alla meraviglia.

 

1Hannah Arendt, Tra passato e futuro. Garzanti, 1999

Preparazione al viaggio: la tappa milanese

«È un fenomeno sempre più rilevante: pezzi interi della «generazione perduta» cercano rifugio e possibilità in montagna. Costretti da una crisi e da una precarietà infinite, uomini e donne si spostano fuori dalla città, in un complesso movimento migratorio «al contrario», tutto da scoprire e interpretare. Nascono così progetti di vita innovativi, basati su modelli alternativi di sviluppo, sulla green economy e sulla soft economy. Nascono nuove storie e nuove creatività. Vecchi borghi vengono ripopolati. Antiche strade vengono risvegliate».

Maurizio Dematteis, Via dalla città