di Michele Nardelli
Il vero e il falso, il reale e virtuale. Come discernere, se persino i messaggi che ci manda la natura vengono osservati con lo scetticismo per cui solo ciò che si tocca con mano e ci riguarda personalmente è degno di attenzione?
Durante la mia recente visita in provincia di Benevento, una persona incontrata mi chiede se le immagini della devastazione dei boschi mandate dai media siano vere o non invece il solito modo di ingigantire gli eventi per catturare l’attenzione.
So bene quanto la logica del “proprio giardino” pervada l’atteggiamento dei più e di come sia facile girare altrove il proprio sguardo di fronte a quel che non si vuole vedere, costruendosi un proprio racconto rassicurante ed assolvente. Come so bene che la conoscenza è dolore, meglio dunque convincersi che si tratta di un accidente e non porsi troppe domande.
E malgrado la domanda sia posta con sincera preoccupazione rimango basito nel pensare come la devastazione a due passi da noi (ma nell’interdipendenza tutto è a due passi) possa finire nel tritacarne massmediatico fra incredulità e volatilità di notizie delle quali a breve scomparirà ogni traccia.
Ne siamo tutti vittime, sia chiaro. Ho visto anche recentemente alcuni borghi medievali che in seguito a terremoti sono stati abbandonati da decenni e dei quali si è persa la memoria. Cui corrispondono popolazioni che ancora vivono in alloggi “di fortuna”, incattivite da quel che la vita ha loro riservato. Tutto ormai entra nella categoria dell’emergenza. Ovvero la straordinarietà, l’accidente… come se tutto dipendesse dal caso, compresa l’evacuazione a causa di una perdita nel sistema idrico ed un ritorno sempre rimandato.