A proposito di solitudine…
di Simone Casalini
A proposito di solitudine, ricorda Alessandro Pandolfi nel manuale intitolato “Nel pensiero politico moderno” (Manifestolibri, poi ristampato da Ombrecorte con l’endiadi “Ordine e mutazione”) come tale condizione abbia accomunato diversi pensatori politici. “Sulla scorta di un’intuizione di Althusser – scrive Pandolfi – la categoria interpretativa della solitudine, da intendersi al di fuori di qualsiasi accezione esistenzialistica o psicologica, permette di sottrarre lo statuto del pensiero politico agli schemi riduzionistici e ad un’inesistente autonomia dello spirito”. Per Pandolfi il pensiero politico è sempre coinvolto “nell’oggetto che descrive e che esso problematizza”. “I pensatori politici pensano la storia e la politica – prosegue – nella misura in cui sono soggetti della storia e della politica che descrivono. E tuttavia, nel vivo della polemica teorica e della partecipazione alla lotta politica i grandi pensatori politici pensano sempre epocalmente”
“Pensare epocalmente” è una definizione penetrante perché indica una caratteristica della politica, cioè quella di non poter soggiacere alle regole dello status quo e di accogliere in sé la responsabilità del radicalismo. E’ l’unico sguardo che infrange le trame del potere difendendo la contendibilità del rinnovamento, anche da parte dei soggetti subalterni. Oggi questo pensiero epocale è fortemente ridimensionato nelle allocazioni politiche abitudinarie anche per via di una trasmigrazione dei processi decisionali e per uno svuotamento degli spazi collettivi.
Non è questo il luogo per ricapitolare le ragioni dell’erosione democratica e istituzionale. Ma per fissare un punto d’uscita del dibattito dovremmo scardinare la nozione di tempo. Uscire dalla linearità della Storia (dell’Occidente) per ricomporre l’eterogeneità delle storie. Scrive Partha Chatterjee in “Oltre la cittadinanza. La politica dei governati” (Meltemi): “Il tempo vuoto e omogeneo è il tempo utopico del capitale; esso connette passato, presente e futuro in maniera lineare, creando la possibilità di tutti quegli immaginari di carattere storicistico (identità, nazionalità, progresso e così via). Ma il tempo vuoto e omogeneo non si trova in alcun punto dello spazio reale – è utopico. Il vero spazio della vita moderna consiste in eterotopie”.
Se volessimo creare delle sottocategorie di riflessione, potremmo azzardare che l’Autonomia speciale è quella differenza che spezza il racconto lineare dello Stato nazione. E’ qui che fonda la sua legittimità, nell’alterità e in un diverso processo narrativo. Ma nello stesso tempo ha, a sua volta, la necessità di essere infranta, attraversata da altre storie che alla sua origine non erano presenti. “Pensare epocalmente” è anche questo, una continua rimessa in discussione dei presupposti, anche ontologici. Una continua ricerca di viatici emancipatori che pongano sotto stress l’esercizio ripetuto del potere.